sosta selvaggia

Sosta selvaggia: perché scegliamo di parcheggiare male

La sosta selvaggia è un problema che attanaglia numerose città del suolo italiano, soprattutto nelle grandi città. Furgoncini che scaricano merci, cittadini che comprano qualcosa al volo o macchine in doppia fila sono solo alcuni esempi. La sosta selvaggia non è solo una violazione pura del codice della strada. La sosta fuori dagli spazi consentiti è un vero e proprio ostacolo alla mobilità di tutti i cittadini automuniti, ma non solo. È un ostacolo anche alla mobilità d’emergenza, come ad esempio il passaggio di ambulanze o a forme di mobilità ecologica, come la bicicletta. La sosta selvaggia non è solo un problema delle grandi città commerciali. È un problema anche per città che si stanno impegnando per fornire una viabilità più responsabile e un’alternativa più ecologica all’uso dell’auto. Se, da un lato, la sosta nelle grandi città per motivi commerciali viene giustificata dalla mancanza di spazi, anche un solo parcheggio su una pista ciclabile in qualsiasi territorio non può esserlo.

Parcheggiare male è un danno economico e psicologico

Un parcheggio su una pista ciclabile è potenzialmente un danno sia economico che psicologico. È un danno economico perché non permette l’utilizzo corretto di un progetto che ha avuto un costo per la città, ed è un danno psicologico per tutti quei cittadini che preferiscono un mezzo di trasporto alternativo, che hanno a cuore l’ambiente cittadino o che semplicemente non hanno la patente o vogliono farsi una passeggiata. Una sosta selvaggia su una pista ciclabile può essere percepita come una mancanza di rispetto verso tematiche ambientaliste e addirittura una forma di discriminazione degli automobilisti nei confronti di chi non lo è.

Questa piccola forma di dominanza sociale provoca frustrazione nel cittadino che non si sente tutelato e rispettato nel suo sforzo nel fare la propria parte “responsabile” nel ridurre lo smog, la quantità di auto in circolazione, nel mettere in generale i bisogni della collettività al pari dei propri. I fattori di frustrazione aumentano se consideriamo anche tutti gli aspetti legati alla sicurezza che l’utilizzo di uno spazio dedicato ai non-automobilisti dovrebbe garantire.

Foto: pexels.com

Colpa dei cittadini irresponsabili e ineducati?

Se cerchiamo una risposta semplice possiamo prendercela con il singolo cittadino irresponsabile, con la sua mancanza di rispetto nei confronti della collettività, la mancanza di pazienza nel cercare un parcheggio e nella sua strafottenza nel cercare di ottenere il massimo profitto con il minimo sforzo.

Possiamo poi prendercela anche con gli organi che sanzionano i comportamenti irregolari: le forze dell’ordine. La mancanza di controllo e del sanzionamento è certamente un buon motivo per i cittadini per non rispettare le regole senza la paura di essere puniti. La paura della punizione è il modo più semplice che conosciamo per disincentivare il non rispetto del codice della strada. Di conseguenza quando questo controllo manca, il cittadino sente di poterne approfittare. Come dice il proverbio: «Quando il gatto non c’è i topi ballano».

Ogni spazio deve comunicare il suo utilizzo

Che si progettino spazi in un appartamento, in un ufficio, in un parco o nell’intera città, è fondamentale che vengano riconosciuti dai potenziali fruitori di quegli spazi. Se creiamo una piccola stanza in un ufficio per le chiamate di lavoro, chi la utilizzerà si aspetta non solo che ci si possa entrare, ma che sia silenziosa e ben isolata dal rumore esterno. Ma non basta: dovrà essere ben riconoscibile anche a chi non la userà, in modo che non disturbi le persone all’interno. In altre parole, quella stanza deve essere riconosciuta come utilizzabile solo per determinate esigenze. Deve quindi essere ben chiaro a tutti lo scopo e l’importanza della sua esistenza.

Se progettiamo uno spazio per bambini e genitori al parco dobbiamo rendere ben evidente quale parte verrà a loro dedicata, inserendo per esempio un recinto con una porticina, dei giochi per bambini come scivoli e altalene o delle panchine sul perimetro dello spazio. Chi entrerà nel parco percepirà in maniera automatica e incontrovertibile che le cose colorate e dai tratti giocosi sono per i bambini e gli spazi per sedersi sono destinati a chi li controllerà. La stessa cosa vale per la progettazione di spazi per la viabilità. Pensiamo alle corsie per i taxi o le pensiline per le fermate degli autobus.

Ogni spazio deve gridare al potenziale utilizzatore come essere e non essere utilizzato. Ecco che ci vengono in aiuto i segni e le indicazioni; possiamo quindi utilizzare segnali, scritte con indicazioni e avvisi. È fondamentale mettersi nei panni degli utilizzatori e conoscere come utilizzeranno la propria percezione per interpretare i segnali ambientali. Maggiore sarà la chiarezza del segnale, maggiore sarà la probabilità che quello spazio verrà utilizzato correttamente e, di conseguenza, minore sarà la necessità di usare la paura della sanzione per guidare il comportamento.

E per le piste ciclabili? Vale la stessa cosa. Possiamo usare cartelli, indicazioni e simboli ma anche linee di colore diverse per delimitare lo spazio o rendere evidente la superficie dedicata. Ciò che è indispensabile è rendere quello spazio differenziabile da qualsiasi altro. In altre parole, la pista ciclabile deve essere diversa da un parcheggio contro ogni ragionevole dubbio. È necessario dunque non solo sanzionare il comportamento incorretto ma soprattutto mettere il cittadino nelle condizioni di prendere una decisione automatica senza che cada in errore o in abitudini consolidate.

Quando vediamo quindi una sosta selvaggia in una pista ciclabile chiediamoci in che modo questa zona comunica al cittadino il suo scopo.

Buon esempio di segnaletica sostenibile. Foto: freepik.com

Investire sul ‘pensiero pubblico’

Queste attenzioni sono insufficienti se non sono contornate da importanti investimenti allo studio dell’atteggiamento del cittadino nei confronti della cosiddetta “cosa pubblica”.

Alla segnaletica sostenibile (intesa come facilmente interpretabile e rispettosa dei bias cognitivi) si possono affiancare momenti di educazione al rispetto del benessere cittadino e alla sostenibilità, come giornate a tema con laboratori, giochi e interventi spot nelle scuole in cui si chiede, insomma, il coinvolgimento delle generazioni più giovani.

L’attenzione alla percezione del cittadino e l’educazione dal basso sono focus essenziali, sostenibili e inclusivi utili alla partecipazione attiva della cittadinanza al rispetto dell’ambiente cittadino. Mettere nelle condizioni il cittadino di essere parte attiva del benessere della città è anche il modo più economico e positivo per promuovere l’uso responsabile del proprio mezzo di trasporto, senza la necessità di ricorrere alla paura della sanzione e soprattutto comunicando che temi come il benessere, il rispetto dell’ambiente e la sostenibilità siano una responsabilità di tutti e non solo un impegno discutibile di una parte di cittadinanza particolarmente attenta o di una particolare corrente politica.

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